Bollettini del Club
![]() Vinicio Coppola
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Anno Rotariano 2011-2012 |
![]() Pietro Schino
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#6 Mag-Giu 2012
Crisi, sì. Ma a pagarne lo scotto sono i giovani
La Grecia classica – quella del Partenone e della Loggia delle Cariatidi, delle sculture di Fidia e di Prassitele l’abbiamo amata in primo luogo sui testi scolastici. E ancora di più l’abbiamo ammirata sui libri d’arte. Ma la Grecia d’oggi? Ormai quasi dimentica degli antichi splendori, è sempre più alla
deriva, in preda ad una disastrosa e perdurante crisi economica che la sta spingendo persino ad uscire dall’alveo dell’euro; e che minaccia di travolgere l’intera Europa e il sistema finanziario mondiale.
Uno tsunami congiunturale, insomma, che ci spinge spesso a fare e a rifare i conti prima di procedere ad ogni possibile acquisto.
E del quale, purtroppo, le principali vittime sono i giovani se si tiene conto che la disoccupazione giovanile, nella fascia tra i 15 e i 24 anni, ha raggiunto nel 2012 un tasso del 31,1 per cento contro un tasso di disoccupazione generale del 9,31. In altri termini, un giovane su tre è oggi senza lavoro.
Inutile nasconderselo. Questa crisi è una delle emergenze nazionali, e non può lasciare indifferenti noi rotariani che ai giovani hanno sempre dedicato attenzione e risorse. E che deve invitarci a concorrere, con tutte le nostre forze, alla soluzione del grave e assillante problema. In che modo? Favorendo il primato dei valori – cultura e solidarietà in primo piano – in un mondo che privilegia l’avere all’essere, le apparenze alla “substantiam”. Uno degli ammonimenti più “in”ci viene da lontano, da Esopo, nella famosa favola della cornacchia. Costei, per far colpo sui vicini, non esitò un giorno ad indossare
le penne del pavone. Ma – come si sa – l’escamotage andò letteralmente a monte perché, nonostante il furbesco travestimento, venne scoperta e messa in fuga a furia di beccate dagli eleganti pennuti che la fedifraga voleva imitare.
Giovani da aiutare, dunque, in ogni maniera possibile. Bisogna innanzitutto dilatare i loro orizzonti perché possano comprendere con maggiore facilità quei valori che oggi stanno perdendo terreno, offrendo valide opportunità di crescita. In perfetta sincronia con quanto suggeriva Camus: “Non camminate
avanti ai giovani perché potrebbero non seguirvi, non camminate dietro ai giovani perché potrebbero non vedervi. Camminate insieme ai giovani per costruire un mondo migliore”.
Tra i valori in panne – ad onore del vero – ci sono anche l’amicizia e la solidarietà. L’amicizia – ricordiamo – è la roccia sulla quale è stato costruito il Rotary e la tolleranza è ciò che lo tiene unito. “Nessun uomo mortale – sosteneva Paul Harrys – ha mai visto l’elettricità, eppure questa fa girare la
ruota dell’industria. Persino l’aria che respiriamo è invisibile, eppure fa miracoli… Al di sotto delle buone opere del Rotary c’è un potere invisibile: il potere della buona volontà, ed è proprio in virtù di questa buona volontà che il Rotary esiste”. Quanto alla solidarietà, va senz’altro ribadito il concetto che essa non va identificata con la beneficenza, ma nell’aiuto vicendevole che un uomo può dare al suo simile in difficoltà. Nessun uomo è un’isola…
Siamo certi, dunque, che in tale contesto le nuove leve possano essere il punto di forza per imprimere una sferzata di slancio e vigore anche al nostro sodalizio. D’altronde lo stesso fondatore sosteneva che il Rotary è evoluzione e, se necessario, rivoluzione… E i giovani, per loro natura, sono spesso portatori di idee nuove e talvolta rivoluzionarie.
Un programma utopico? Nient’affatto. Sarà possibile realizzarlo se guarderemo con crescente attenzione a chi ci sta intorno. Non chiudendoci a riccio come monadi, ma cercando di catturare l’interesse degli uomini del domani; e dando
linfa alle loro attese con esempi, valori, testimonianze nell’alveo degli ideali rotariani del servire con gioia.
#5 Mar-Apr 2012
L’Amicizia? E’ la roccia su cui si è costruito il Rotary
Non c’è dubbio. L’amicizia è il sentimento vincente del nostro tempo. Ed è la roccia sulla quale è stato costruito il Rotary, come sosteneva il fondatore Paul Harrys. Non solo. E tutt’oggi aiuta a sconfiggere insicurezze e fragilità del Terzo Millennio.
A dar man forte all’amicizia in passato sono scesi in campo filosofi e scrittori. In particolare, Aristotele sosteneva che “l’amicizia è ciò che di più necessario è alla vita, giacché i beni che la vita offre, come la ricchezza, il potere od altro, non si possono né conservare né adoperare senza gli amici”. Sulla stessa direttrice si muoveva Plauto, dicendo apertamente: “Ubi amici, ubi opes: dove stanno gli amici, sta la ricchezza”. E Cicerone? Era dell’avviso che l’amicizia “non è mai intempestiva né molesta: rende più splendida la buona fortuna e più lieve l’avversa”. E nei nostri giorni Luciano De Crescenzo si è così espresso:“Siamo angeli con un’ala soltanto, e possiamo volare solo restando abbracciati”.
A sua volta Francesco Alberoni distingue tre tipi di “legami amicali”, quelli “forti”, quelli “medi” e quelli “deboli”. I “legami deboli” sono quelli che stabiliamo con i conoscenti, i colleghi, i vicini verso cui non proviamo né forti sentimenti, né particolari doveri; quando li lasciamo, non ne sentiamo la mancanza. Anche i legami di affari e le alleanze politiche sono, di solito, deboli; infatti si fanno e si sciolgono in continuazione con il mutare delle strategie di lotta.
I “legami forti”, invece, resistono al tempo e alle frustrazioni.
La madre sta dalla parte del figlio qualunque cosa faccia,…..
l’amore della madre è al di là del bene e del male. Ma sono forti anche i legami che si stabiliscono con l’innamoramento,….
gli innamorati si lasciano e si ritrovano piangendo, si accusano e si perdonano. Legami forti sono anche quelli di tipo ideologico o religioso nei riguardi del proprio partito, della propria chiesa, del proprio capo.
Il rapporto con gli amici, invece, appartiene alla categoria dei “legami medi”. Mentre l’innamoramento spinge i due amanti a fondersi, l’amicizia si costituisce lentamente, per incontri successivi, e ogni individuo resta sé stesso; essa non chiede ai due individui di sradicarsi dal proprio passato, di rinascere, di costituire una nuova entità sociale…..Tuttavia, anche gli amici finiscono per avere punti di vista simili, per condividere molti valori; ma con individualità distinte, ciascuna con il suo mondo privato, che l’altro deve rispettare e, anzi, proteggere. Per questo, l’amicizia è libera, serena, non oppressiva; per questo è anche fragile, e richiede attenzione e delicatezza. Quando un amico si comporta con te in modo malvagio…., in quel momento cessa di esserlo. Se tutto è dovuto ad un equivoco, a un momento di collera a cui segue una rapida chiarificazione, non ci sono conseguenze.
Ma se manca una spiegazione profonda, se non viene ristabilita subito la fiducia totale, la rottura diventa inevitabile; i due amici possono anche perdonarsi, stringersi la mano, ma il loro rapporto non torna più come prima.
A questo punto ci piace concludere con un’interpretazione ironica del poeta Trilussa che prende spunto da un simpatico colloquio tra una tartarughina e il padre degli dei. Eccolo.
“La tartaruga aveva chiesto a Giove:/ ‘vojo una casa
piccola, in maniera/ che c’entri solo qualche amica vera/ che sia sincera e me ne dia le prove./ ‘Te lo prometto e basta la parola,/ – rispose Giove – / ma sarai costretta a vive in una casa così stretta,/ che c’entrerai tu sola.”
#4 Gen-Feb 2012
Per non vivere come monadi, facciamo sistema!
Amicizia, solidarietà, pace, spirito di sacrificio. A questi valori intramontabili fa appello la sensibilizzazione al Rotary che, come noto, è il tema di gennaio. E, nell’ambito di tale impegno, emerge una pressante esortazione a tutti i rotariani:
fare sistema per non vivere come monadi!
23 febbraio 1905. Una data mitica per il Rotary perché ad essa risale la fondazione del nostro sodalizio per iniziativa di un avvocato, Paul Harrys, che diede il via al primo incontro rotariano con un commerciante di carbone, un negoziante di stoffe ed un ingegnere minerario. Avvenne nella stanza 711, al settimo piano, della Chicago Unity Building.
Nacque così il primo Club della ruota dentata, che oggi conta più di 32mila Club in oltre 165 Paesi per un totale di un milione e 250mila soci.
Soci che attestano l’orgoglio unanime di chi vuole essere amico, di chi è disposto al servizio. E anche l’impegno corale, in netta antitesi con chi mira a chiudersi a riccio, a coltivare il proprio orticello, incurante di ciò che accade intorno nel territorio in cui opera. Dunque, non bisogna isolarsi come le monadi di Leibnitz?
Bando quindi all’isolamento è il motto del Rotary Internationl.
Motto al quale fece esplicito riferimento in un discorso Giovanni Paolo II. “Agli albori del Novecento – dichiarò testualmente Papa Wojtyla – Paul Harrys si rese conto della solitudine che provava l’uomo nelle grandi città e cercò di rimediarvi sviluppando, mediante il Rotary, una rete sempre più ampia di relazioni amichevoli tra le persone sulla base della comprensione, dell’intesa e della pace tra i popoli”’. Così operando, anche oggi il Rotary è in grado di dare voce a chi non ha voce, di concorrere al miglioramento della nostra esistenza, di adoperarsi per la crescita civile dei singoli e di ogni Paese.
Ovviamente, è chiaro che le azioni dei rotariani devono essere tutte di qualità perché altrimenti verrebbe inficiata l’attenzione degli altri verso il Rotary, compreso il conseguente desiderio di farne parte. Insomma, senza rotariani eccellenti e disposti a servire il prossimo, in special modo sofferenti e diseredati, non potremmo attirare l’interesse altrui. E in tale ottica vanno privilegiati l’incontro e il dialogo. In che modo?
Facendo crollare barriere di ideologie, mirando ad azioni collettive tese al miglioramento delle condizioni esistenziali delle comunità in cui viviamo.
Di qui l’imperativo categorico di far sentire la nostra vigile presenza soprattutto nelle zone territorialmente difficili per poter affermare che non tutti gli uomini sono acquiescenti e demotivati o disposti a soccombere a soprusi, a tollerare ingiustizie e sopraffazioni. Di qui l’invito a dare una mano ai deboli, a non isolarsi. Onorando quanto sosteneva uno dei presidenti degli Stati Uniti, John Adams: “Ci sono due specie di persone al mondo che contano veramente: quelle che si
assumono gli impegni e quelle che li mantengono”. Un impegno è tanto più importante se corale e sinergico, se prende il via dalla volontà di fare sistema, di fare squadra. In altri termini avere l’ardire di far capire ai potenti che non siamo disposti ad essere al loro servizio, quali servi sciocchi dei padroni del vapore. E tirar fuori tutto il coraggio possibile, compresa la voglia insopprimibile di scendere in campo con la stessa baldanza e lo stesso spirito di servizio del mitico Robin Hood e degli intrepidi arcieri della foresta di Sherwood.
#3 Nov-Dic 2011
La famiglia cambia, ma non gettiamo alle ortiche i suoi valori
E’ il mese della famiglia rotariana. Ma dicembre è anche il mese in cui si festeggia il Natale, la festa più suggestiva della cristianità in cui ricorre la nascita di un figlio speciale, Gesù, che pone in primo piano la “sacra famiglia”. Eppure, proprio la famiglia sta vivendo momenti difficili in questo periodo: sta cambiando a vista d’occhio. Una crescita che, spesso, coglie impreparati genitori, nonni e figli, ma anche sociologi e psicologi.
E’ un’evoluzione che prende le mosse dalla notte dei tempi:
dalla famiglia patriarcale agricola si è passati a quella mononucleare, alla “famiglia allargata” dei nostri giorni.
Nella famiglia patriarcale l’autorità era proporzionale all’età.
Il più vecchio era il più autorevole: sedeva a capotavola; non si liberava di quel che possedeva se non con la morte.
Invece, in quella “allargata” – un modello che ha preso piede in America e in Inghilterra, e si va affermando, sia pure lentamente, anche in Italia – oltre a convivere più generazioni, ci sono anche famiglie altrui, incentrate cioè sul coniuge separato, sul suo partner e persino sui suoi figli.
Bisogna però precisare che la famiglia allargata non è un clan, anzi è qualcosa di più. Il clan è un’unione di più famiglie in senso protettivo, morale ed economico: ma, nel suo ambito, le famiglie possono vivere separate, esercitare professioni distinte. Spartiscono l’interesse. Nella famiglia allargata, invece, si spartisce il tran-tran quotidiano. Si sta insieme, ci si occupa a turno dei bambini, delle provviste, degli ospiti, delle cene. E sono proprio tali specifiche funzioni a collocarla agli antipodi delle famiglie mononucleari in auge trenta quarant’anni fa, e ci fa ricordare la famiglia patriarcale, sopravvissuta fino ai primi decenni del dopoguerra.
Ma a chi compete la funzione di trasmettere il patrimonio di idee e di azioni che si è andato sedimentando giorno dopo giorno nel nostro passato? E’ un interrogativo che tira in ballo più di un avente causa. Nell’antica Grecia, ad esempio, Platone, prendendo le mosse dal modello spartano, sosteneva che la famiglia non era un valido luogo educativo.
Una posizione nient’affatto diversa da quella assunta poi da Rousseau o da Marx. E così anche nel mondo d’oggi se chiamiamo in causa Adorno e Marcuse, i quali vedevano nella famiglia uno dei principali ostacoli per dar vita ad individui psichicamente sani e in grado di sortire un ordine sociale più giusto.
Al contrario, nella stessa cultura occidentale – a partire da Aristotele per arrivare a Plutarco e a Seneca – esiste una corrente di pensiero che valuta positivamente la famiglia, intesa come cellula costitutiva della società. Uno scossone, in verità, è stato dato dal processo di industrializzazione che ha modificato non solo il rapporto fra i coniugi, ma anche fra genitori e figli, assurti, questi ultimi, al ruolo, non più di cose, ma di soggetti giuridici.
Andando avanti nel tempo il clima familiare è migliorato sensibilmente grazie alla presenza di genitori più comprensivi e tolleranti. Ma anche questa disponibilità presenta non poche problematiche in quanto il più delle volte oscilla tra facile permissivismo e rigurgiti di autoritarismo.
E allora? In medio stat virtus, dicevano gli antichi. E nella saggezza di questo vecchio adagio va inclusa anche l’accettazione del nuovo e dell’inedito. Se la famiglia allargata ha rimesso in discussione rapporti e comportamenti, equilibri e abitudini, è anche vero che ci sono taluni vantaggi in questo nuovo modello di vita. Si crea una rete di influenze per cui quello che non si apprende più dal padre, lo si impara dal clan.
Certamente, il povero Freud si starà rivoltando nella tomba.
Lui dava grande importanza , per lo sviluppo della personalità, alle relazioni nei primi mesi di vita con la figura materna e paterna. Anche se va riconosciuto che i bambini non sono fatti per una vita isolata, con padre e madre, ma per una vita sociale più vasta. Per spartire esperienze, copiarle, rubarle.
Dunque, alla famiglia piccola, alla mononucleare – cui si deve in gran parte lo sviluppo della nostra Italia in questo mezzo secolo – va riconosciuto un indubbio e salutare merito:
quello di favorire nel suo ambito l’acquisizione di conoscenze, di valori. Che sono indispensabili per progredire all’interno di qualsiasi società.
A questi fondamentali valori si richiama il nostro sodalizio.
Non per niente uno dei presidenti del Rotary Internazionale, Herbert G.Brown, riconosceva alla famiglia un ruolo fondamentale per migliorare la qualità della vita nella comunità in cui si opera. E anche per assicurare la pace nel mondo. “Quando c’è pace nel cuore – soleva ripetere – c’è pace nella famiglia. Quando c’è pace nella famiglia, c’è pace nel villaggio e nel Paese. E quando c’è pace nel Paese, c’è pace nel mondo”.
#2 Set-Ott 2011
Brilla ora nel cielo una nuova stella, Ginevra
Sì, eri davvero l’espressione più autentica e genuina della gioia di vivere.
Che dispensavi, in ogni occasione, specie a noi, tutti amici di un ristretto gruppo rotariano, durante le serate domenicali in casa della comune amica Eliana dedicate ad una partitella a burraco: per il piacere di stare insieme,sì; ma anche per raccogliere fondi da destinare in beneficenza, come supporto a questo o a quel “service” promosso dal Club Rotary Bari Castello o da altri sodalizi della ruota dentata.
Tu, nuvola bionda – alta, longilinea e così bella da meritare da tutti noi il titolo di “pin-up” del Bari Castello – arrivavi quasi sempre in ritardo, giustificato spesso dal concomitante spettacolo teatrale cui tu e il tuo inseparabile consorte, Lorenzo, eravate abbonati. Talvolta però, pur quando non c’era alcunché in cartellone, il ritardo era sempre all’ordine del giorno.
Allora, qualcuno, più intollerante, abbozzava un rimprovero, spinto anche dal malevolo sospetto che tutto fosse dovuto ad un recondito desiderio di primadonna. Ma tu, Ginevra,
con un disarmante sorriso, smussavi ogni angolo. E neutralizzavi qualsiasi asperità con una giustificazione di natura affettiva:
avevi dovuto badare alle due care nipotine – figlie dell’ultima sorella, più piccola di te di tre lustri – che tu amavi immensamente, più di un’amorevole nonna. Una tesi, quest’ultima,
che riceveva subito l’appoggio del tuo Lorenzo.
Tre figli-modello: Giuseppe, Angelo, Alessandro. E un marito invidiabile, Lorenzo. Un marito sempre attento a difendere l’operato della sua “dolce metà” e sempre pronto a cedere alle sue argomentazioni, anche quando il discorso cadeva su Linda, la cagnetta piena di acciacchi e di capricci per l’età avanzata. Lui protestava, ma tu sedavi ogni rimostranza,
ricorrendo a piccoli escamotages per rendere meno amara la pillola dell’intolleranza.
E che gioia incontenibile quando siete diventati nonni: la nascita di “Lorenzino”, figlio del tuo primogenito Giuseppe, ha portato una ventata nuova nel tuo iter esistenziale, rinsaldando ancora di più l’encomiabile intesa con il tuo inseparabile consorte.
E sempre Lorenzo era presente quando assumevi incarichi istituzionali, come quello di presidente dell’Inner Wheel, un club formato dalle mogli di rotariani. Travolgesti tutti nel tuo corale e diuturno impegno, compreso me che, in veste di giornalista, ti seguì in un simpatico “service” che puntava a valorizzare il borgo antico con una lodevole iniziativa denominata “Bari vecchia in fiore”. Per stilare l’articolo sarebbero state sufficienti le notizie già diffuse dal comunicato dell’Inner, ma tu, da perfezionista qual eri, pretendesti la mia presenza ad un “tour” nella la città vecchia perché potessi cogliere dal vivo tutte le sfaccettature di quella felice circostanza.
Insomma, cara Ginevra, eri un vulcano in continua e crescente eruzione. Ma,soprattutto, esprimevi una vitalità incontenibile, quella particolare “joie de vivre” che destava ammirazione e rispetto. E anche invidia, talvolta. A tal punto che Atropo, una delle Parche più terribili e astiose, approfittando di un tuo attimo di distrazione, ha voluto troncar lo stame della tua vita. Rendendoci orfani, tutt’ad un tratto, di una cara amica: dolce, allegra e bellissima.
Ci consolano soltanto le toccanti espressioni di don Pasquale, pronunciate nel corso della sua omelia. Ci ha ricordato che “siamo fatti per il cielo”. Di qui la nostra certezza:
nell’immenso firmamento brilla ora una nuova fulgida stella, di nome Ginevra.
#1 Lug-Ago 2011
Caccia agli sleeping members per riportarli tutti all’ovile
Il pressante invito del presidente Vito Troiano per scuotere dal torpore e dall’indifferenza quei soci assenteisti e coinvolgerli, con ogni espediente, nel lavoro di squadra per rinnovarci nella continuità.
Nessuna fuga in avanti, nessuna mania di protagonismo o di culto della personalità. Bisogna muoversi all’unisono, in perfetta sintonia con uno dei dettami principali del Rotary: rinnovarsi nella continuità, per coinvolgere sulla linea di partenza tutti i soci, allo scopo di scuotere – questo è il nostro sogno – anche gli “sleeping members”.
E’ l’invito, ponderato e pressante, che ci è stato rivolto, sin dal suo debutto, dal presidente Vito Troiano. E che è stato ribadito in sede di discussione del bilancio. Il neo-presidente, prima di adottare drastici e ultimativi provvedimenti, vuole praticare tutte le vie possibili per destare dal letargo i rotariani “assenteisti” che, purtroppo, al pari della gramigna, proliferano sempre di più nei nostri Club. Gli ultimi dati sono piuttosto sconfortanti: coloro che frequentano assiduamente il Club superano di poco il 30 per cento.
Il fermo appello di Vito è rivolto a tutti, nessuno escluso: occorre adoperarsi, con tutte le forze e con qualsiasi espediente, per riportare all’ovile le pecore smarrite. Far capire a tutti con ogni mezzo possibile che anche il loro apporto è indispensabile per la crescita dei nostri sodalizi e che, con il lavoro di squadra, è possibile raggiungere più agevolmente traguardi che, di primo acchito, sembrano addirittura impossibili.
E allora? E allora, senza esitazione alcuna, scendiamo in campo con sicumera baldanza e anche con una certa dose di ottimismo che ci spinge a superare persino le fatidiche colonne d’Ercole. E in questo senso – evitando di tirare i remi in barca alle prime difficoltà o ai primi dinieghi – affrontare con cipiglio il da farsi, mettendo in atto tutta la nostra capacità persuasiva.
Un antico adagio recita: “Chi ben comincia è alla metà dell’opera”. E, in linea con tale assunto, il nostro presidente sta dando prova di rapidità supersonica nelle sue decisioni, assunte in armonia con il consiglio direttivo: ha scelto una sede più idonea per i nostri incontri, e anche più risparmiosa da un punto di vista conviviale. Inoltre, ha aumentato di poco la quota sociale annuale, mettendo in atto un escamotage per ridurre l’assenteismo. Un dinamismo coinvolgente, il suo, che è di sprone e stimolo a tuffarci subito, anima e corpo, nella singolare… impresa venatoria, rivolta a richiamare più soci nei nostri incontri.